Nel Pd finalmente uno scontro che vale
All’interno dei partiti esplodono spesso conflitti che non riguardano minimamente scelte importanti per i cittadini, non dicono nulla di chi li anima, servono solo a regolare rapporti di forza e di potere interni. È il rischio corso da Fini nel corpo-a-corpo con Berlusconi; è quanto accade in maniera sorda ma violenta dentro alla Lega; è la sindrome che ciclicamente travolge il Pd e lo trascina un po’ più lontano dalla vita reale.
La maledizione della autoreferenzialità potrebbe spezzarsi finalmente sulla Fiat, su Marchionne, sul sindacato. Di nuovo è il Pd il teatro principale dello scontro, ma stavolta chi soffre per l’unità infranta può consolarsi: ci si batte per qualcosa che ha un senso, perché il contratto di Mirafiori è ormai diventato il paradigma di come affrontare i mutamenti strutturali della produzione e del lavoro.
Siamo pienamente nella parabola storica delle molte sinistre d’Italia, nel cuore dell’identità stessa di un partito progressista e del lavoro. Precipita la questione sulla quale i riformisti hanno provato le loro timide rotture con la tradizione (fin dai tempi del Pci), sulla quale s’è attestata la battaglia di resistenza della sinistra neo-comunista, oggi riproposta da un fronte filo-Fiom che va da Di Pietro ai giovani leoni ex dalemiani, da Vendola ai popolari più marcatamente ex sinistra dc, rimettendo insieme compagni “litigati” come il manifesto, Cofferati, Bertinotti.
Rischia di saltare in mano a Bersani il tentativo di tenere insieme posizioni che divergono per motivi di fondo, non tattici. Certo, succede anche perché si fanno sentire gli opposti collateralismi con Cisl e Cgil. Ma Veltroni torna a dire che «imprenditori e lavoratori sono legati da un unico destino»: lo fa sulla Stampa, appoggiando Marchionne (con distinguo sui diritti di rappresentanza), rilanciando le proposte di Ichino, ricordando il Lingotto 2007 e preparando in modo non banale il Lingotto 2011.
Non è una questione da nulla, se su un tema così duro torna a farsi sentire nel Pd una posizione non auto-consolatoria né difensiva, disposta ad accettare la sfida dell’innovazione, perduta negli anni ’90. Possono finire spiazzate sia le zuffe generazionali che le dispute statutarie. Può aprirsi sul versante sinistro un conflitto di merito, dal quale emerga chi conosce condizioni e interessi reali dei lavoratori, rispetto a chi si limita a narrarli.
Altre volte simili battaglie sono state dichiarate e non date: il Pd è la marmellata che è proprio per questo motivo. Vedremo, stavolta.